Qualche anno fa se ci avessero detto che Monfalcone sarebbe finita sulla copertina del Venerdì di Repubblica, forse non ci avremmo creduto. Oggi non fa più notizia. I monfalconesi si sono abituati alla (cattiva) fama che il 2024 ha regalato alla città. Dal Guardian al Financial Times, passando per l’Economist, per finire a tutta la stampa italiana e persino una televisione indiana.
Il problema sono i motivi per cui la città finisce sotto i riflettori, che sono sempre gli stessi. Li riassume nel sottotitolo il servizio apparso venerdì: “No al velo. No al cricket. No alle preghiere. Nella città di Fincantieri, dove un terzo degli abitanti è straniero, le destre soffiano sul fuoco. Ma non c’è nessun incendio”.
Da oltre un anno e mezzo, la città fanalino di coda per il reddito medio in regione, che la destra fantasticava potesse diventare un polo turistico (ve le ricordate le fantasie crocieristiche?) si è trasformata nel campo di battaglia ideologica dell’estrema destra europea, perfettamente incarnata dalla locale europarlamentare.
Eppure quasi dieci anni di ricette leghiste non paiono aver salvato la città, almeno non a guardare i parametri economici fondamentali. Nel 2015, esattamente dieci anni fa, il reddito medio di un pensionato monfalconese sopravanzava quello di un lavoratore di circa 200 euro in un anno. Oggi quella differenza è di 2000 euro in un anno, dieci volte tanto, e tende a crescere. In tutte le altre città della regione è il reddito dei lavoratori a superare quello dei pensionati, oggi come 10 anni fa.
Dopo dieci anni di proclami e di promesse su nuove assunzioni, di pugni “metaforici” sbattuti sui tavoli, è giusto dire che i lavoratori Monfalconesi sono semplicemente sempre più poveri.
E siccome quei lavoratori sono sempre più poveri, a prescindere dalla carnagione e dal giorno settimanale dedicato alla preghiera, hanno poca capacità di spesa per sostenere il commercio locale, sia la grande che la piccola distribuzione. Non è una questione di religione, è una questione di reddito, di paghe, e di servizi. Così il valore a metro quadro delle superfici commerciali cittadine si è quasi dimezzato in un decennio, non ci sono nuovi insediamenti economici significativi, i commercianti scelgono altri luoghi per aprire le proprie attività.
Ma da anni la destra non parla di queste cose. Si è impegnata a concentrare l’opinione pubblica sul dress code (soprattutto femminile), sul dove la gente prega e come, sulla velocità delle palline nel cricket. Tutto questo con toni aspri ed ultimativi, ma senza incidere in nessuno dei fattori economici che hanno impoverito la città.
La città. Quella si è impoverita molto. Ma sapete chi non si è per nulla impoverita? Fincantieri.
Fincantieri vista dalla Borsa di Milano è un’azienda in piena salute. Nell’ultimo anno il suo valore è salito continuamente, più che raddoppiando quello di un anno fa, con una crescita sistematica. D’altronde in un clima internazionale di riarmo chi investe in navalmeccanica può dormire sonni tranquilli.
Ma dubitiamo molto che parte di quella pioggia di denaro arrivi dalle parti di Monfalcone, dove chi governa continua ad alimentare lo scontro culturale anziché pensare alla crescita economica, in una devastante comunicazione che di certo non ha reso la città attrattiva per nuovi investimenti, ed ovviamente nessuno ha promosso servizi capaci di sostenere realmente il lavoro femminile.
La verità è che la Destra Monfalconese ha dimostrato di non essere attrezzata per amministrare una città multietnica. Per incapacità culturale e per la difficoltà a immaginare un futuro per una città dove oltre un neonato su due ha i nonni che vivono dall’altra parte del mondo. Bambini nati qui, che cercheranno posti (che non ci sono) nei nostri asili, che frequenteranno le nostre scuole, che cercheranno lavoro qui e chiameranno Monfalcone “casa” come noi abbiamo fatto prima di loro e per le stesse ragioni.
La grande sfida dei prossimi anni sarà accompagnare questo processo con uno sforzo culturale, economico e sociale che ricostruisca un tessuto cittadino, che valorizzi le cose che uniscono anziché quelle che dividono, che isoli gli estremisti e lavori per tornare a crescere insieme. E da “caso Monfalcone” proporsi come modello di sviluppo economico e sociale.
Il 13 e 14 aprile Sceglici per Cambiare. Insieme.